Un giorno di molti, molti anni fa, una giovane fanciulla prese una manciata di terra umida e cominciò distrattamente a premerla fra le mani...
Ma no, la storia del polymer clay, detto argilla polimerica, non può essere iniziata così.
Il polymer clay è un materiale di sintesi, con maggiori affinità con la bakelite che con l'argilla con cui si creano vasi e manufatti di vario genere.
La bakelite fu creata nel 1907 e prende il nome dal chimico Leo Baekeland, suo creatore.
Fu solo verso il 1930 che si riuscì a creare un materiale modellabile che, a differenza della bakelite, una volta permanentemente indurito non era più sensibile al calore e quindi suscettibile di indesiderati cambiamenti.
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All'inizio degli anni '60 il Fimo venne commercializzato come prodotto per bambini: un po' come il Pongo della nostra infanzia.
E' troppo ipotizzare che la sua popolarità crebbe per merito delle donne che, osservando i giochi dei loro bambini, cominciarono ad intravederne le potenzialità e ad usarlo loro stesse?
All'offerta di Fimo vennero affiancate quella dello Sculpey III, del Cernit, del Premo e di molte altre marche.
Ciascuna di queste marche aveva ed ha caratteristiche proprie, benché tutte richiedano le medesime operazioni per essere lavorabili e tutte richiedano l'indurimento in forno.
Si scoprì così che il polymer clay poteva essere utilizzato - integrato - nei più svariati hobby: dalla creazione di gioielli alle miniature, dalla decorazione della casa alle creazioni di bambole, e così via.
A contribuire in modo determinante alla diffusione delle conoscenze su questo materiale fu internet, che permise alle appassionate di scoprire che ne esistevano altre e che molte di loro avevano sviluppato tecniche di lavorazione dai risultati sorprendenti e interessanti.
La più nota di queste pioniere è certamente Judith Skinner, la creatrice della tecnica delle sfumature.
La sua tecnica è così nota che nessun libro sul polymer clay ne prescinde, ed è universalmente ritenuta una tecnica basilare.
I libri fecero la loro parte, raggiungendo anche quella parte di pubblico che non aveva accesso a Internet: è ritenuto una pietra miliare il libro di Nan Roche, scritto nel 1990 e intitolato "The new clay", per la sua completezza.
Contribuirono anche giornali dedicati ad altri hobby: possiamo citare "Bead & Button" "Jewerly crafts" e "Doll's House miniature", questi giornali e non solo, spianarono la strada, con i loro articoli, al primo magazine interamente dedicato al polymer clay, "Polymer Café".
Sono nati portali interamente dedicati a questo eccitante materiale ed alcuni di questi oggi hanno dimensioni ragguardevoli; provate a visitare Polymer Clay Central, scoprirete un sito talmente pieno di progetti, consigli, tecniche, interviste, immagini di pc-capolavori da lasciarvi senza fiato.
.E in Italia?
La comunità clay italiana, per come essa appare sul web, è ancora piccola.
C'è qualche sito degno di nota, ma sono lampi nel buio; più che fare luce, segnano la strada: solo quando saremo in tante, solo quando anche i nostri siti traboccheranno di istruzioni e suggerimenti, coinvolgendo sempre più persone, il mercato si accorgerà di noi e ci offrirà l'opportunità di acquistare qui, in Italia, ciò che ci è tanto necessario. Eppure qualcosa si muove.
Nel mese di Giugno 2003 ho avuto il piacere di vedere pubblicato, su Polyzine, un' importante ezine dedicata al pc clay, un progetto scritto da una nostra connazionale. E' l'inizio di una piccola rivoluzione, all'insegna della creatività e dello scambio di conoscenze, ed io voglio esserci.
Voi no?
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